I Giochi difficili... e i giochi di adesso.

I Giochi difficili... e i giochi di adesso.

Pochi giorni fa ho provato a rigiocare Tomb Raider Anniversary per PS2 sapete, la nostalgia… e con mia sorpresa ho scoperto una cosa terribile. Non è stata una vera e propria scoperta, sapevo tutto già da parecchi anni ormai. Il punto è che provando Anniversary (e mica sto parlando di un capolavoro, o di un gioco ultradifficile, il che è ancora più grave) i miei dubbi hanno avuto conferma e ho constatato che la curva di difficoltà dei giochi è scesa drasticamente nel corso degli anni. Che diavolo è successo? Ma andiamo con ordine.

Accendo Tomb Raider, carico il livello “Santuario dello Scion” e con mia sorpresa mi accorgo che quell’ enigma che una volta risolvevo ad occhi chiusi ora è un gran grattacapo. Lo risolvo con fatica e proseguo. Alchè mi ritrovo a fare i conti con una fisica assai più realistica di quella a cui mi sono abituato: salti più corti, cadute fatali, ritmo di gioco, tutto è effettivamente realistico e appassionante (per essere un videogioco, chiaramente: il realismo assoluto non esiste). E chi l' ha provato sa che Anniversary è tutto fuorchè un gioco difficile: neanche lontanamente paragonabile agli episodi per PS One. Proprio per questo, trovando difficoltà a risolvere un enigma dopo qualche minuto mi chiedo a che cazzo abbia giocato in tutti questi anni: mi torna alla mente Uncharted e penso “OH-MIO-DIO”.

Uncharted, come tanti, tanti, tanti altri giochi di nuova generazione come lui, è dannatamente semplice: gli enigmi sono banali e risolvibili dalla maggior parte dei dodicenni, i salti sono esageratamente lunghi o non richiedono rincorse o attenzioni particolari, alcune cadute impossibili non sono fatali, la vita si rigenera automaticamente, i checkpoint sono frequentissimi… ma non solo lui: stesso discorso vale per Driver San Francisco, Ace Combat Assault Horizon, Final Fantasy XIII, Resident Evil (dal 4 in poi), … tutti giochi bellissimi ma dannatamente semplici (sia nel gameplay che nelle meccaniche) se paragonati ai suoi antenati. Capisco che per scelte commerciali (come attirare clienti di ogni fascia di età) o per avere un gameplay meno stressante si sia cercato di rendere l’ esperienza più intuitiva e meno complessa, ma qui si esagera. Non che su PS2 mancassero giochi semplici come God of War, Final Fantasy (l’ ultimo, vero FF è il 9 per PsOne), Tomb Raider Legend, … ma in genere erano tutti accettabili e offrivano una sfida più che dignitosa (come Manhunt, Forbidden Siren, Silent Hill, Dragon Quest,…), non al livello di frustrazione dei videogiochi “d’ epoca” ma un’ apprezzabile via di mezzo. Adesso il più delle volte dobbiamo semplicemente guardare ciò che avviene nello schermo e premere qualche tasto (non molto diverso dal guardare un film, insomma), con nemici dalla IA discutibile (o per niente pericolosi), munizioni in quantità, rompicapi banalissimi, checkpoint a non finire, tatticismo nullo e controlli fin troppo permissivi. È l’ epoca di giochi come Call of Duty, che come lui offrono spettacolarità e cura tecnica impensabili cinque o sei anni fa ma lineari, brevi e con un livello di sfida bassissimo (certo, alle alle difficoltà più alte si è più vulnerabili agli attacchi nemici, ma niente di più). È piacevole vedere che alcuni giochi si mantengono sulla rotta giusta e che richiedono iMPegno o iNGegno (o entrambi) per essere portati a termine (come Demon’s Souls, Dark Souls, il primo Dead Space, gli episodi di Monster Hunter, la saga di The Elder Scrolls, i due Portal, Silent Hill Homecoming e Downpour…) ma sono eccezioni per pochi appassionati, i cosiddetti “giochi di nicchia”; in ogni caso sono ben lontani i tempi dei primi Zelda, Tomb Raider, dei Dino Crisis o dei Parasite Eve (attenti: non quella blasfemia per PSP) o dei primi 9 indimenticabili Final Fantasy.

Ci stiamo rammollendo. Un videogioco non deve diventare un film interattivo. Un film è un film e un videogioco è un videogioco, così come un dipinto è un dipinto e non potrà mai essere sostituito da un disegno digitale. Certo, nessuno vieta a giochi come Uncharted o God of War di esistere (sono divertenti e spettacolari, nessuno dice il contrario), ma non dobbiamo perdere di vista quello che rappresentava Il VIDEOGIOCO in origine: un’ avventura profonda e appassionante, impegnativa e che metteva in moto i neuroni attraverso mosse ponderate, strategie, indovinelli e quant’ altro. In fondo il bello sta proprio in questo: la soddisfazione di riuscire a superare quel dannato livello grazie ai nostri sforzi e ai nostri ragionamenti, e non grazie all’ aiuto dei programmatori. Non dico che i videogiochi debbano sostituire la Settimana Enigmistica, né tornare ad essere frustranti o pesanti come una volta, ma devono semplicemente tornare a rivivere le regole del passato, quelle che chiedevano tutto e non perdonavano niente. Soprattutto, trovare quel giusto equilibrio tra un gameplay al passo con i tempi e un livello di sfida che metta in funzione il cervello del giocatore. Altrimenti finiremo anche noi per rammollirci e diventare come i videogiochi attuali: belli e simpatici, alla moda e con un’ aspetto rispettabile… ma incapaci di fare 2+2.

 

A cura di: Marco Tessarolo

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